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Lucenti, Uduvicio Atanagi | la recensione

Tornano le recensioni sul blog con Lucenti, romanzo di Uduvicio Atanagi, illustrato da AkaB e pubblicato da Eris Edizioni.

Lucenti

Anni Novanta. Siamo in Italia, in Toscana per la precisione. In un paesino di campagna si avvicendano da sempre le storie dei Lucenti, famiglia che pare legata a quella terra sin dai primordi. Di generazione in generazione, i Lucenti vi hanno piantato le proprie radici, hanno custodito il segreto di quei posti.
Ma non è una terra qualunque, questa: è una terra dal sapore amaro e ancestrale, in cui accadono talvolta cose inspiegabili, in cui pare regnino forze sovrumane, che partono dal cuore del bosco e riversano le conseguenze sulla vita di modesti individui. Una terra maledetta, direbbe qualcuno.

Sembrava quasi che ogni cosa quella notte fosse ricoperta da uno strato di paura, una paura vecchissima che circolava come aria o come nebbia che risuonava come un urlo rancoroso, impossibile da percepire ma presente nella sostanza delle cose.

Qui si staglia la figura del giovane Mino, il ragazzo dei Serrani. Mino, con questa terra, intreccia un rapporto quasi viscerale, che nasce nel fango, in cui egli si immerge – talvolta per ore – e dal quale riemerge come cambiato, ogni volta di più. Abbandona la razionalità del quotidiano in favore dello sconosciuto, dell’indefinito, del buio in contrapposizione alla luce, alla vita.

In un percorso che si fa sempre più oscuro, in cui ogni elemento della natura pare passarsi il testimone – una maledizione che permea le persone, i raccolti, ogni cosa – il lettore procede al fianco di Mino senza ben sapere dove sta andando. Atanagi configura una storia in cui non c’è un inizio né una fine, ma un ciclo perpetuo di forze che passano di bocca in bocca tra le anziane del paese.

Tutto è cupo, è indefinito: l’ambientazione, così ben riuscita nella descrizione che sembra di assaporare il gusto della terra nella propria bocca mentre si sta leggendo; il linguaggio essenziale, che non ha bisogno di fronzoli ma è contaminato dai cinque sensi; i personaggi, meravigliosi e spaventosi allo stesso tempo, prede e predatori, passato e futuro insieme.

Le illustrazioni ad apertura di capitolo non fanno che rimarcare il climax del libro, creandone il sostrato più adatto allo sviluppo della trama. Leggere Lucenti è intraprendere un’esperienza a tutto tondo, e chiuso il libro resta qualcosa in sospeso, che l’autore non ha voluto darti ma che tu sai che c’è.

Un libro che vi consiglio moltissimo.

Potete acquistarlo qui: Lucenti. Ediz. illustrata

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All’ombra di Julius, Elizabeth Jane Howard | la recensione

Dopo la straordinaria Saga dei Cazalet, Elizabeth Jane Howard torna nelle nostre librerie oggi, 9 aprile, con All’ombra di Julius, grazie a Fazi Editore.

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Scritto nel 1965, All’ombra di Julius pone al centro le vite di persone che hanno avuto un qualche legame con Julius Grace, morto da ormai vent’anni ai tempi della narrazione.

Sua moglie, Esme, giunta alla soglia dei sessant’anni, pare avere ancora un piede nel passato, e più precisamente a quel periodo della sua vita in cui – poco prima che suo marito morisse – scoprì di nutrire sentimenti decisamente poco amorevoli per quell’uomo cui avrebbe dovuto esser legata. Le sue due figlie, Cressy – la maggiore – ed Emma, ventisenne, hanno intrapreso strade diverse. La prima è alla disperata ricerca di un sentimento che la appaghi, e nel frattempo raccatta una serie di infauste relazioni destinate al fallimento; la seconda si è dedicata all’azienda di famiglia, ha condotto una vita che qualcuno potrebbe definire austera.

Nel momento in cui entriamo nella casa di questa famiglia di sole donne, con noi entrano altri due personaggi. Dan, scrittore squattrinato, poeta più per occasione che per dedizione; e Felix, che ritorna tra quelle mura dopo vent’anni. Il passato che lo lega a quella casa e ciò che lo porterà a legarsi ancora a quelle donne rappresentano una sorta di file rouge del romanzo.

La scrittrice presenta i personaggi attraverso uno stile che è ormai riconoscibilissimo: come musica per le nostre orecchie, ciascuno di loro si colloca nel suo habitat e rivela le proprie fragilità, attraverso gesti, discorsi, anche attraverso l’abbigliamento. Ogni dettaglio raccontato testimonia la personalità di chi abita i romanzi di Elizabeth Jane Howard, cui spetta il merito di narrare qualunque cosa con grazia ed eleganza e dovizia di dettagli.

Come in una farsa teatrale, le storie dei personaggi vengono portate al culmine nella conclusione del romanzo. Ogni debolezza ed ogni inganno vengono svelate nella loro essenza; ciò che accadrà in quella casa ha cambiato la percezione dell’intera esistenza dei personaggi.

Mi piacerebbe deliziarvi con moltissimi altri particolari, raccontarvi un episodio dopo l’altro, ma forse è meglio che lo scopriate da soli. Leggete All’ombra di Julius, è meraviglioso.

Voto: 5/5

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Gita al faro, Virginia Woolf | la recensione

Primo approccio all’autrice, Gita al faro di Virginia Woolf ha rappresentato una vera e propria esperienza di lettura.

Il libro, autobiografico, pone al centro la famiglia Ramsay, introducendoci all’interno delle mura della sua casa nel momento in cui il piccolo James freme dalla voglia di recarsi in gita al faro. Sua madre, la signora Ramsay, per non ferire il bambino, lascia spazio alla speranza; ma il tono perentorio e severo di Mr Ramsay toglie spazio alla gioia. Non si potrà andare al faro, l’indomani, a causa del tempo. Non resta che farsene una ragione.

Davanti ad un episodio piuttosto trascurabile, Virginia Woolf spalanca le fauci della coscienza umana. Ogni passaggio della storia, infatti, è un continuo flusso, costante e inesorabile, dei pensieri delle varie persone che trascorrono parte della propria esistenza sotto quel tetto.

Il dualismo tra uomo e donna è uno dei grandi protagonisti: Mr Ramsay è ambiguo, talvolta schivo ad ogni tipo di contatto umano, talvolta bramoso di conferme da parte degli altri; Mrs Ramsay è presente in tutta la sua essenza, invade gli spazi che abita contagiando chi la circonda. Sulla sua figura Virginia Woolf si sofferma moltissimo, al punto che dopo alcune pagine anche noi ragioniamo come lei: i moti di generosità nei confronti dei suoi ospiti, della cui sorte si preoccupa come se ne andasse della sua stessa vita; la dissimulazione dei sentimenti, di cui si serve per mantenere fermo il ruolo che le spetta; l’amore per suo marito, del quale riconosce la fragilità e di cui non può fare a meno.

Era pronta a credergli sulla parola, disse. […] Spesso aveva la sensazione di essere soltanto una spugna intrisa di emozioni umane. Lui diceva, Andate al diavolo. Diceva, Pioverà senza’altro. Diceva, Non pioverà; e all’istante si apriva davanti a lei un paradiso di certezze. Non c’era nessuno che venerasse altrettanto. Non era degna neppure di allacciargli le scarpe.

Il libro è suddiviso in tre parti: La finestra è confortante, popolata di gente, ma non è possibile abituarsi al ritmo perché la seconda parte subentra con forza, tanto breve quanto spietata. Ne Il tempo passa, il ritorno ai vecchi tempi è soltanto una chimera. Ogni cosa è cambiata, e non si può più tornare indietro.

Leggere Gita al faro è stata un’esperienza, come vi dicevo all’inizio. Bisogna essere pronti a cambiare prospettiva.

Potete trovare il libro qui: Gita al faro

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Gli autunnali, Luca Ricci | la recensione

“E gli autunnali? Come sono gli autunnali?” chiese Gittani, impaziente.
“Hai davvero il coraggio di domandarmelo? Gli autunnali siamo noi.”
“nel senso che ci piace una certa decadenza,che siamo e saremo sempre fin de siècle, che le nostre madeleine preferite sono gli articoli da cancelleria, tipo astucci o diari o quaderni, e ci abbuffiamo di olive come fossero ciliege, e che la nostra predilezione va ai cappotti di lana e alle minestre coi funghi?”
Lo guardai con una certa irremovibile spietatezza. “Nel senso che non c’è più clorofilla nelle nostre vene.”

Gli autunnali di Luca Ricci, edito da La Nave di Teseo, è un romanzo atipico. Mi ci sono approcciata scevra da condizionamenti, e devo dire che non ne sono affatto pentita.

Un uomo sposato, di rientro dalle vacanze estive, si appresta ad accogliere l’arrivo della stagione autunnale convinto di alcune cose: il suo mestiere – quello dello scrittore – è ormai sepolto; quasi vicino alla sepoltura è anche il suo matrimonio, incapace di dare un barlume di vita emotiva.

In un mercatino, acquista un libro che, al suo interno, contiene una fotografia di Jeanne Hébuterne, compagna di Amedeo Modigliani, che – in seguito alla morte del suo amato – decise di togliersi la vita pur essendo ormai giunta al nono mese di gravidanza.

La vista di quella fotografia destabilizza il protagonista, che stabilisce con essa una vera e propria relazione. Conservata con cura e sempre a portata di mano, Jeanne Hébuterne diventa una specie di presenza/assenza capace di turbarlo più di sua moglie Sandra. Inizia così un’ossessione spasmodica, per trovare un qualche segnale di quella donna, con la quale ha ormai sviluppato un rapporto quasi feticista, della quale scorge un piede sul proprio letto mentre fa l’amore con Sandra.

Man mano che l’autunno si manifesta nelle strade di Roma, si manifesta la sua patologica ricerca di conferme dal mondo, di qualunque cosa gli confermi che anche Jeanne lo ama, che sarebbe disposta a fare per lui quello che l’aveva privata della sua vita e di quella del bambino che portava in grembo.

Assistiamo così ad un crescendo di follia, che però non riusciamo a disprezzare totalmente. Merito di Luca Ricci, la cui scrittura passionale, a tratti nevrotica, realistica, dà alla storia una certa plausibilità. Così come la stagione procede e incalza, sferzando i vetri con la pioggia, così l’autore aumenta la portata delle sue azioni, per raggiungere il culmine nella parte conclusiva del romanzo.

Questo libro turba il lettore con l’intento di turbare, di sconvolgere la mediocre quotidianità in cui siamo tutti avvolti. Non posso che consigliarvelo, quindi!

Trovate il libro qui: Gli autunnali

Voto: 4/5

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BookPride 2018 | gli eventi

Buongiorno! Inizia oggi, venerdì 23 marzo, uno degli eventi più interessanti legati al mondo dell’editoria. Sto parlando del BookPride: tre giorni di incontri dedicati all’editoria indipendente offrendo al lettore e ai professionisti del mestiere di approfondire i temi più importanti dell’ambito, di conoscere autori e realtà editoriali degne di merito.

bookpride

Innanzitutto, un po’ di coordinate:
Quando: Venerdì 23 – Domenica 25
Dove: Milano, Base Milano, via Bergognone 34
Sito web: http://bookpride.net/site/

Fosse per me, metterei le tende e seguirei tutti gli eventi. Ma considerato che non posso sdoppiarmi e che lavoro e altri impegni hanno la precedenza, io sarò presente domani.
Mi piacerebbe suggerirvi alcuni eventi che credo meritino la vostra attenzione. Quindi partiamo!

Venerdì 23 marzo

SOCIAL BOOK. Sala Marple, ore 11.00

La cura di guide bibliografiche sui temi più diversi fa parte da sempre del patrimonio professionale dei bibliotecari. All’interno di un’attività così tradizionale, Social Book introduce significativi elementi di novità. In particolare, mette le biblioteche a diretto contatto con gli editori, attivando un canale di cooperazione all’interno della filiera del libro. La prima guida prodotta dal progetto si occupa di bullismo.

Con Stefano Parise (Sistema Bibliotecario di Milano), Bea Marin (ideatrice e curatrice Social Book) e Salvatore Toti Licata (sociologo, criminologo, formatore). Dialoga con i partecipanti Gianni Stefanini (CSBNO).

NO(D)I: LEGGERE I DATI. LE ABITUDINI DI LETTURA DEGLI ITALIANI E IL MERCATO DEL LIBRO, Sala Bovary, ore 12.00

Quanti sono, e chi sono, gli italiani che leggono? La questione pone domande importanti a chiunque operi nell’editoria, ma più in generale, per ovvi motivi, all’intero sistema Paese. Il dipartimento per l’editoria dell’Istat ci aiuterà a chiarire, attraverso l’illustrazione di alcune elaborazioni dei dati disponibili, sia lo stato della lettura in Italia, che l’andamento del settore editoriale in questi ultimi anni.

Con Francesca Brait ed Elisabetta Del Bufalo.

INTERVISTA IMPOSSIBILE: ORLANDO DI NADIA FUSINI, Sala Robinson, ore 15.00

Pubblicato nel 1928, Orlando di Virginia Woolf è ancora adesso – a novant’anni dalla sua prima edizione – un’opera inesauribile. Un romanzo – la sua autrice lo definì «un libricino» – che interroga la materia più profonda dell’umano, la sua naturale indecidibilità, il genere inteso non come dato certo e indiscutibile ma come una forma di rêverie. A far risuonare la voce di questo capolavoro, Nadia Fusini e Sonia Bergamasco.

Con Sonia Bergamasco e Luca Cattani.

RACCONTARE LE COMUNITÀ: CITTADINANZA ATTIVA, CULTURA E PROMOZIONE DELLA LETTURA, Sala Marple, ore 17.00

In questo incontro, partendo dal tema della Fiera «Tutti i viventi», si dialogherà sul concetto di Comunità e saranno presentate alcune esperienze del “Fare comunità”, a partire da come i linguaggi della cultura possano rappresentare straordinari veicoli di aggregazione e crescita della partecipazione attiva delle comunità locali. In Italia, oggi, come evidenziato nel recente Libro bianco realizzato da Euricse (2016), le cooperative di comunità rappresentano un modello di cooperazione efficace per contrastare le recenti trasformazioni economiche e sociali che influenzano negativamente lo sviluppo sia delle comunità rurali sia delle comunità urbane.
Ma, quanto, il fare comunità in ogni contesto settoriale, territoriale, urbano o di montagna, nei piccoli Borghi o nelle periferie, attorno a luoghi da rigenerare e riacquisire ad un uso collettivo o in spazi già destinati e vocati a svolgere una funzione di interesse pubblico come teatri e musei sta diventando una pratica sempre più estesa e rilevante, capace di generare coesione, ascolto dell’altro, inclusione, e visione di futuro nel panorama italiano e internazionale? E, soprattutto, quanto il libro e la cultura sono già o possono essere parte di questo percorso per contribuire alla crescita di consapevolezza delle comunità e dei cittadini?

Introduzione: Roberto Calari (Alleanza Cooperative Italiane Comunicazione).
Interventi: Natalie Fella (Punto Zero/Zeroidee), Lidia Gattini (Digicoop), Leonardo Palmisano (Radici Future), Lucetta Paschetta (Trenta e Lode), Elena Taverna (Labsus).

FANTASIE DI STUPRO DI MARGARET ATWOOD, Sala Marple, ore 18.00

Una geografia di corpi, esistenze e sentimenti del femminile: le protagoniste di questi racconti di Margaret Atwood sono tutte donne, problematiche, irrisolte e tutto fuorché perfette. Racconti indimenticabili di una maestra assoluta della letteratura.

Michela Murgia conversa con Alessandra Tedesco.

Sabato 24 marzo

IL LAVORO NELL’EDITORIA: TRA NUOVE PROFESSIONI, CAPITALE UMANO, INNOVAZIONE E TUTELE, Sala Bovary, ore 10.00

In questo incontro si guarderà a una comunità più specifica, quella della filiera editoriale e quindi alle professioni dell’editoria, al valore umano del lavoro, alla sua tutela e alla formazione di nuove figure professionali con l’intento di presentare un mondo in continua evoluzione che ha saputo innovarsi e rinnovarsi andando a confrontarsi su più piani: dal cartaceo al digitale, dall’ebook ai progetti cross mediali, dagli sviluppi laboratoriali (di molte iniziative editoriali) alla gestione di eventi e piccoli festival. Come cambiano le professioni?
Quali nuove competenze trasversali sono necessarie? Quale nuovo orizzonte europeo e internazionale delle competenze per favorire nuove opportunità di crescita e sviluppo multiculturale? E quali tutele del lavoro e quali strumenti formativi condivisi?

Introduzione: Roberto Calari (Alleanza Cooperative Italiane Comunicazione).
Interventi: Federica Antonacci (Scuola del libro), Stefano Delmastro (LiberLab), Daniela Furlan (Doc Creativity), Lucetta Paschetta (Trenta e Lode), Elisa Rota (Alchemilla).

NON CHIAMARMI COL MIO NOME DI JAMES PURDY, Sala Don Chisciotte, ore 11.00 ⇒ (Forse) parteciperò.

Outsider e omosessuali non dichiarati, uomini trasognati a cui manca sempre qualcosa e si sono lasciati alle spalle case, mogli, figli si rincorrono in un mondo – quello delle storie di James Purdy – in cui innocenza e corruzione collimano.

Con Luca Briasco.

LA VITA LONTANA, Sala Bovary, ore 13.00 ⇒ Parteciperò.

Elio lascia la moglie Dora e i piccoli gemelli Marzio e Livio, va in India in un monastero jainista. Dora resta a Roma, lavora come insegnante precaria, cresce i figli da sola. Ma i loro destini si incroceranno e scontreranno ancora. Un romanzo sinfonico sulle forze che uniscono e le illusioni che spezzano i legami famigliari, su ideali e realtà, su una «vita lontana» tra l’Italia e l’Asia di oggi.

L’autore Paolo Pecere dialoga con Alessandro Gazoia.

VENDERE LIBRI, CREARE LIBRAI. LA LIBRERIA, CROCEVIA PER LA FORMAZIONE, Sala Bovary, ore 17.00 ⇒ (Forse) parteciperò.

Alberto Rollo (scrittore, saggista, traduttore, critico e attualmente consulente per Mondadori), Piero Rocchi (formatore e consulente per l’editoria) e Danilo Dajelli (libraio indipendente) dialogano sull’importanza della formazione in libreria: vendere libri, creare librai.

Piero Rocchi dialoga con Alberto Rollo e Danilo Dajelli.

CON I PIEDI NEL FANGO, Auditorium Mudec, ore 18.00

Gianrico Carofiglio dialoga con Jacopo Rosatelli sulla difficile arte dello stare insieme fra diversi, cercando di migliorare il mondo. Oggi fare politica nel nostro Paese vuol dire molto spesso avere i piedi nel fango, in contesti difficili, dove la realtà sfugge a schemi ideologici troppo rigidi: può non piacere, ma se si vuole incidere davvero, bisogna averne piena consapevolezza.

Con gli autori Gianrico Carofiglio e Jacopo Rosatelli.

Domenica 25 marzo

METADATI. VENDERE MEGLIO LIBRI ED EBOOK, Sala Don Chisciotte, ore 10.00

Informazioni ben fatte che descrivono e mettono in luce i punti di forza di libri ed ebook consentono loro di essere presenti nelle librerie fisiche e in quelle online italiane e internazionali, e di raggiungere i lettori «giusti». Permettono inoltre agli editori di aumentare e controllare le vendite, ma anche di monitorare la concorrenza.

Con Paola Di Giampaolo (Università Cattolica), Enrico Guida (esperto di metadati e libraio Mondadori), Giulia Mozzato (IBS.it), Simonetta Pillon (Informazioni Editoriali).

IL CORPO DI FRIDA, Auditorium Mudec, ore 12.00

La messicana Frida Kahlo è tra i pochi artisti del XX secolo che hanno osato esporre il proprio corpo – corpo malato, sofferente e desiderante – e rappresentarlo nell’interstizio tra reale e surreale, tra testimonianza e finzione. In questa conversazione, le scrittrici Lina Meruane e Barbara Garlaschelli affronteranno il tema della malattia nelle arti e nella letteratura degli ultimi decenni e rifletteranno sul modo in cui la crisi del corpo biologico possa farsi metafora e sintomo della crisi del corpo sociale e politico.

Lina Meruane conversa con Barbara Garlaschelli.

UN RAGAZZO D’ORO, Sala Robinson, ore 15.00

Insignito del premio The Bridge come miglior romanzo americano inedito in Italia, Un ragazzo d’oro di Eli Gottlieb ha compiuto un piccolo, grande miracolo: raccontare l’autismo in prima persona, senza ombra di compiacimenti o di patetismi, regalandoci un personaggio e una voce dalla tenerezza disarmante.

L’autore Eli Gottlieb conversa con Laura Pezzino.

INTELLETTUALE/INFLUENCER, Spazio A, ore 19.00

Un racconto polifonico degli anni Dieci per ragionare sulle figure degli intellettuali, sul senso di quella definizione e sulle sue connessioni con la sfera pubblica, col lavoro culturale, col potere, col conflitto e con la politica. Da Gramsci al #metoo, pensatori singoli e movimenti collettivi hanno indirizzato l’agire e le trasformazioni culturali. In che modo le nuove forme di produzione hanno modificato il lavoro culturale?

Intervengono Giulia Blasi, Maria Grazia Giannichedda, Daniele Giglioli, Paolo Nori e Francesco Pecoraro. Modera Valeria Verdolini.

Non mi resta che augurarvi un buon weekend! E, mi raccomando, se ci siete scrivetemi pure!

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Follie di Brooklyn, Paul Auster | la recensione

Da qui Brooklyn. Da qui l’inconsapevole ritorno al luogo dove la mia storia era iniziata. Avevo quasi sessant’anni e non sapevo quanto tempo mi sarebbe rimasto. Forse altri vent’anni; o forse pochi mesi. Qualunque fosse la prognosi dei dottori sulla mia salute, l’essenziale era non dare nulla per scontato. Essendo vivo, dovevo trovare un modo per ricominciare a vivere; ma anche se non fossi vissuto, ero costretto a fare qualche cosa di più che mettermi a sedere e aspettare la fine.

Dopo solo tre pagine, ero già conquistata. Vi parlo di Follie di Brooklyn di Paul Auster, edito Einaudi. Il romanzo, pubblicato nel 2005, racconta la storia di Nathan Glass, pensionato sessantenne che decide, dopo il suo fallimentare matrimonio, di tornare a Brooklyn e provare a vedere quel che succede.

Follie di Brooklyn

Auster non si perde in chiacchiere e ci dice subito che: Nathan Glass non è stato un marito modello (avvezzo com’era alle scappatelle extraconiugali), non è stato un padre modello nei confronti della sua unica figlia, ha molto tempo libero e nessuna idea su come riempirlo. Ha molte idee, però, su tantissime cose. La sua lucida visione del mondo traspare dalla prima pagina e non vi mollerà fino a quando avrete chiuso il libro. Proprio per questo, decide di iniziare a scrivere quello che definisce “Il libro della follia umana“, all’interno del quale registrerà episodi (personali e non) che possiedono la dote della stranezza, che fanno sorridere, che rivelano la follia che risiede negli uomini.

Per certi versi, mi ha ricordato il protagonista di Basta che funzioni di Woody Allen, film del 2009 in cui un sarcastico Boris Yellnikoff si ritrova a fare i conti con l’ingresso nella sua vita di una giovane ragazza destinata a sconquassare i suoi ritmi di vita.

Anche Nathan Glass farà un incontro, ma non è quello che ci si potrebbe aspettare. Dopo alcuni anni dall’ultima volta in cui l’aveva visto, rivede suo nipote Tom Wood, di cui serbava un ricordo che si scontra con la realtà: Tom ha infatti abbandonato gli studi accademici (sebbene promettesse carriere sfavillanti) e lavora in una libreria di Brooklyn, è visibilmente ingrassato e pare non avere alcun obiettivo nella sua vita.

A partire da questo incontro che definirei quasi epifanico, Nathan risistemerà il puzzle della sua vita, alle prese con una bambina che non parla, uno strambo libraio dal passato scottante, una donna bellissima e affascinante che aspetta assieme ai suoi figli l’autobus per la scuola, e molto altro ancora. Non vi svelerò altro della trama, perché basterà iniziare le prime pagine per entrare nel mondo di Nathan Glass e camminare con lui nelle strade di Brooklyn.

Non essendo il mio primo Auster letto, i confronti con gli altri suoi libri è stato inevitabile (mi riferisco a Trilogia di New York e a Il paese delle ultime cose). Ho trovato Follie di Brooklyn meno complesso, meno oscuro, meno maledetto delle altre sue opere. Nonostante anche in questa storia l’autore ricorra agli strumenti della metaletteratura, nonostante i suoi personaggi possiedano un’aura che nei romanzi contemporanei difficilmente riesco a trovare, Follie di Brooklyn è un romanzo calmo, che mi porta a credere che l’autore abbia in qualche modo domato i suoi mostri in una chiave “pastorale”.

Il libro mi ha coinvolto, ho anzi divorato ogni pagina perché era nata in me la curiosità di scoprire le sorti di ognuno degli attori di questa strana storia americana. Ma non mi ha sconvolto, non ha toccato nessuna corda speciale come è successo in passato.

Trovate il libro qui: Follie di Brooklyn

 

 

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I favolosi anni ’85, Simone Costa | la recensione

I ricordi legati al nostro passato rappresentano una delle armi più potenti al mondo: sono in grado di salvarci nei momenti più disperati, o di trascinarci nell’abisso.

Di ricordi ci parla Simone Costa nel suo romanzo edito Edizioni Spartaco I favolosi anni ’85, del loro potere, di come sono in grado di stravolgere l’esistenza. Protagonista del libro è Marco Cocco, un uomo come tanti – in verità -, uno di quelli che ha spizzicato dalla vita quel che poteva senza uscirne mai da vincitore. Dopo esperienze professionali piuttosto deludenti, Cocco (lo chiamo anch’io così) decide di proporre un’idea per una nuova trasmissione: raccontare ai radioascoltatori esperienze di vita vissuta in cui è impossibile non identificarsi.

I favolosi anni '85

La trasmissione su cui Cocco punta tutta la sua posta in gioco – scarna, ma pur sempre di all in si tratta – viene in effetti più che gradita sia dall’emittente che dal pubblico. Ma purtroppo non è il suo autore a raccontarla, bensì il so-tutto-io-eppure-mi-amano-tutti Charlie Poccia, voce suadente, fan alle calcagna, successo assicurato. Questo cambiamento nei suoi programmi sconvolge il protagonista.

Ma non finisce qui. Ad essere sconvolti sono in due. Al fianco della storia di Marco, si sviluppa di pari passo quella di Irene Castello. Donna nevrotica, abituata alla calendarizzazione, alle relazioni programmate, alla scalata continua e costante sul posto di lavoro. Quel che accade a Irene è qualcosa di abbastanza anomalo, eppure efficacissimo ai fini della trama: scopre di essere più in grado di ascoltare e comprendere gli altri, le loro parole.

In un crescendo mozzafiato, Simone Costa prende i suoi due personaggi e li sottopone a moltissime fatiche, forse troppe. Esaspera le loro esistenze per permettere a entrambi di realizzare ciò che è necessario perché le loro storie non possano essere considerate miserevoli, alla fine.

Ironico a tratti, sciolto sia nel descrivere le situazioni sia nei dialoghi (a volte improponibili), l’autore propone il tema della nostalgia in chiave moderna. Cosa è davvero importante? Quali sono i ricordi che restano? E’ possibile superare traumi passati aggrappandosi ad essi? Io mi sono data alcune risposte: i ricordi non possono essere messi da parte, in nessun caso, perché sarebbe come occultare un cadavere.

Ma era abbastanza ovvio che la pensassi così. Si sa, ogni lettore legge nei libri ciò che vuole leggervi.

Potete trovare il libro qui:
http://amzn.to/2FlmDZk

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Come un’aquila e un delfino, Claudia Esposito | la recensione

Una storia lunga una vita per raccontare di Arianna e Colin. Con questo romanzo Claudia Esposito ci regala qualche sogno, che non fa mai male.

Il libro di cui vi parlo oggi è Come un’aquila e un delfino di Claudia Esposito, edito StreetLib. Sin da subito veniamo accompagnati nella storia di due giovani ambiziosi, anche se in modo diverso. Il loro sogno è quello di diventare medici, Arianna un neurochirurgo, Colin un cardiologo.

Quello sguardo iniziale, in quell’aula universitaria durante un esame di medicina, apre le danze e fa scattare la scintilla, sintomo di un’attrazione che non può essere fermata e che li unirà in una relazione amorosa quasi perfetta. Ma il destino ha in serbo per entrambi moltissimi cambiamenti.

Se dovessi farvi entrare nello spirito di questo libro, potrei innanzitutto dirvi che non si tratta della semplice storia d’amore, da cui con molta onestà tendo a tenermi alla larga da anni ormai. La particolarità di questo romanzo sta nell’intenzione di proporre il racconto di un desiderio. Il desiderio di diventare qualcuno, di realizzare i propri obiettivi lavorativi, di accontentare i propri genitori, di diventare indipendenti, di salvare se stessi e gli altri.

Come un’aquila e un delfino è tutto questo insieme e molto altro. È la storia delle diversità, che ci portano a separarci e allontanarci da ciò che credevamo più caro. È la storia di un viaggio interiore, in cui conoscere se stessi vuol dire accettare il cambiamento e lasciarsi affascinare dall’ignoto.

Seguiremo i due protagonisti in un percorso molto lungo, che li condurrà in continenti diversi, in contesti completamente estranei alla propria esperienza.

Uno degli aspetti che più mi ha colpito è stata la scelta narrativa: Claudia Esposito, infatti, invoglia a proseguire nella lettura dando dei piccoli imput, che il lettore deve farsi bastare. Questa tecnica di anticipazione sortisce l’effetto desiderato, perché crea attenzione sulla storia.

Ho apprezzato moltissimo anche la cura e l’attenzione nei confronti di ogni personaggio che entra in contatto con Arianna o con Colin. Nessuno è superfluo, ogni storia merita di essere assecondata, anche se non rivedremo più quella persona nel romanzo.

Insomma, credo sia abbastanza palese che mi sono goduta la lettura e mi sono lasciata trasportare da questo libro, che è come la carezza di tuo padre quando sei piccolo e hai paura.

Potete trovare il romanzo qui:
Come un’aquila e un delfino

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41 perché di dubbio interesse, Riccardo Froscianti | la recensione

Esiste solo un modo per presentarvi questo libro. Ed è questo:

Questo libro è dedicato a quelle domande bisbigliate con lo sguardo basso, scandite con le braccia larghe o sussurrate al vicino d’ombrellone e che non hanno mai avuto un palcoscenico all’altezza, nemmeno quello di Focus, Voyager, Discovery Channel o Yahoo Answer.
Ma soprattutto è un libro con tanti “Perché?” e con poche risposte che sa porre quesiti non essenziali ma essenzialmente veri. Ed è forse, alla fine, un copione per apparire un po’ più saggi in situazioni del tutto banali.

In questo Riccardo Froscianti presenta il suo libro 41 perché di dubbio interesse, edito Bompiani.

Un libro che ripropone alcune domande che ognuno di noi si è posto almeno una volta, riguardo agli argomenti più svariati. Immergendo le sue ironiche considerazioni nella vita di oggi, che si sviluppa attraverso i social  e ad un ritmo incalzante, l’autore sdogana alcuni cliché facendo sorridere.

A chi non è mai capitato, ad esempio, di storcere il naso quando in ascensore il proprio compagno di viaggio diventa Giuliacci?

Restare in silenzio non è un’opzione. Dobbiamo per forza dire qualcosa. Il problema è l’argomento. E come direbbe Corrado Guzzanti: “se io ho la possibilità di veicolar eun numero enorme di informazioni, in un microsecondo, mettiamo caso a un aborigeno dalla parte opposta del pianeta. Ma il problema è: ‘aborigeno, ma io e te, che cazzo se dovemo dì?'”

Tra le abitudini degli italiani, dai più giovani coi loro approcci flash su Tinder ai più anziani, perenni spettatori dei lavori in corso nei cantieri, Froscianti regala tante piccole perle che non posso non consigliarvi.

Tra ilarità e sarcasmo, 41 perché di dubbio interesse è un decalogo allargato di tutti noi, in cui riconoscersi (non sempre fieri).

Voto: 3/5

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Non è un paese per vecchi, Cormac McCarthy | la recensione

«Tutto il tempo che passi a cercare di riprenderti quello che ti hanno portato via è solo tempo sprecato, devi fare in modo che la ferita non sanguini più.»

Con questa citazione vi parlo oggi di un romanzo molto particolare, la cui lettura mi ha a tratti disorientato e confuso. Si tratta di Non è un paese per vecchi di Cormac McCarthy, autore statunitense lontano dai riflettori degli ambienti letterari più in voga. Pubblicò questo romanzo nel 2005, con un successo acquisito soprattutto grazie alla trasposizione cinematografica dei fratelli Coen.

Non è un paese per vecchi è ambientato in Texas. Llewelyn Moss, durante un’esplorazione nella selvaggia natura, si ritrova dinanzi ad una scena che appare a tutti gli effetti un regolamento di conti. Uomini morti, auto abbandonate, e una borsa piena di soldi. Sebbene non sia una persona ingenua e sospetta che da quel momento tutto potrebbe essere compromesso, decide comunque di prendere con sé quel denaro.

A partire da questa sua scelta, la storia si sviluppa seguendo tre strade maestre. Da una parte Moss, alle prese con una situazione che si sta rivelando più grande (e più pericolosa) di quel che avrebbe voluto; dall’altra parte Chigurh, spietato assassino che intraprende la sua personalissima caccia all’uomo per entrare in possesso di quasi due milioni e mezzo di dollari; infine, alla ricerca di entrambi in verità, lo sceriffo Ed Tom Bell, uomo pieno di rimorsi, incapace di superare i traumi del passato e tuttavia deciso a portare a termine questo compito.

McCarthy non si serve della tradizionale divisione in capitoli per passare da un punto di vista all’altro, bensì sceglie di interrompere il racconto e riprenderlo da altri luoghi e con altri personaggi piuttosto repentinamente. Questa scelta, accompagnata da una scrittura asettica, monotono, senza picchi di nessun tipo, rende la lettura un unicum.

I protagonisti di questa storia prenderanno decisioni talvolta poco condivisibili, ma in un romanzo in cui sangue e denaro regolano la vita di tutti non ci si aspetterebbe nulla di diverso. Quel che, come vi dicevo all’inizio, mi ha disorientato è stata la totale mancanza di intensità emotiva che trapela dalla narrazione.

La vita semplicemente accade, con i suoi deplorevoli intralci. Non c’è spazio per nessuna redenzione. Nessuno si salva, nessuno sopravvive veramente.

La totale desolazione regna sovrana, come se accanirsi contro eventi inevitabili sia ritenuta una perdita di tempo. Si procede così nella vicenda con un presentimento, o meglio, con un senso di rassegnazione, perché è chiaro che il lettore non può essere immune da questa totale assenza di speranza. La narrazione diventa un tutt’uno con il desolato paesaggio texano, sabbioso e afoso, pieno di insidie nascoste in ogni dove.

Le valutazioni finali su questa lettura risentono quindi di queste variabili. È un romanzo atipico, e proprio per questo ti colpisce. È incapace di “intortare” il lettore (capacità abbastanza diffusa in letteratura): McCarthy ti sta dicendo questo, ti sta dicendo che la realtà è nuda e cruda, e nuda e cruda te la racconta.

Mi sento di consigliarvelo, perché a me ha lasciato da pensare e mi ha spinto a voler recuperare altri titoli di questo autore, come La strada e la Trilogia della frontiera.

Voto: 3/5

 

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